Cucina tipica regionale tradizionale contadina familiare
La cucina tipica regionale è protagonista dell’agriturismo: fra le aziende agricole con ristorante che hanno partecipato alle campagne per la conoscenza dei prodotti a denominazione d’origine promosse da Agriturist, troverete certamente interessanti suggerimenti per il pranzo di Pasqua e di Pasquetta, per i Ponti del 25 aprile, del primo maggio, del 2 giugno; per l’estate, i Ponti di Ognissanti e dell’Immacolata, il pranzo di Natale, il Cenone di Capodanno e i fine settimana in ogni stagione. Si tratta di menu della cucina tradizionale e familiare, basati su prodotti ottenuti dalle aziende agricole ospitanti o che provengono dal territorio circostante.
Questa rubrica, dedicata in sostanza alla cucina contadina, si è aperta in occasione della “Settimana Nazionale delle DOP e delle IGP” 2006 , per presentare i menu e le ricette della cucina tradizionale proposti dai ristoranti degli agriturismi. E’ poi proseguita, negli anni successivi, con le “Giornate Nazionali delle DOP e delle IGP” e con la manifestazione “I Sapori del Campo”, promossa in collaborazione con la Confagricoltura. Una selezione delle proposte di cucina tipica regionale più interessanti resta in linea per stuzzicare l’appetito di chi volesse… farselo stuzzicare.
Nei ristoranti dell’ agriturismo, la cucina è seguita direttamente dalla famiglia dell’agricoltore (spesso cucinano proprio i padroni di casa) offrendo agli ospiti l’opportunità di assaggiare non solo ricette della cucina tipica regionale ma addirittura piatti tradizionali della cucina familiare e contadina, con le varianti che ciascuno apporta alle ricette ufficiali seguendo i suggerimenti della nonna che, non di rado, sta ancora dietro ai fornelli e decide lei le ricette dell’agriturismo.
Si discute spesso se la “vera” ribollita, o la “vera” pizza napoletana, o la “vera” caponata di melanzane, si facciano in una maniera o in un’altra. In realtà, se andiamo a guardare la mappa della cucina tipica italiana, vediamo che alcuni “fondamentali” sono molto simili per tutte le regioni, ma che sono poi le produzioni agricole del luogo, spesso diverse a breve distanza, ad apportare varianti e quindi sapori diversi, con la maggior quantità di un ingrediente rispetto ad un altro meno disponibile, fin quando poi, spostandoci ancora, un ingrediente scompare e magari ne compare un altro. E il piatto della cucina tradizionale, via via, cambia fino a diventare del tutto diverso quando le distanze si allungano.
E’ la regola della cucina contadina, che i ristoranti dell’agriturismo dovrebbero il più possibile testimoniare. I contadini non andavano a far la spesa; in cucina preparavano ricette creative con quello che producevano, via via determinando quelle che oggi definiamo cucina tradizionale, cucina contadina. Così la composizione dello stesso piatto cambiava anche in funzione delle stagioni. Eppoi si prevedeva, di molti piatti, la versione di cucina povera (di solito senza la carne), per tutti i giorni, e la versione di cucina ricca, per i giorni di festa. Questo ha reso la cucina tradizionale italiana cucina varia, cucina creativa, grazie alla mitezza del clima che ha consentito, magari coltivando varietà diverse della stessa specie di un ortaggio, o adottandone uno “simile”, di sperimentare spontaneamente le più diverse combinazioni di sapori, i più fantasiosi abbinamenti.
Oggi si va a far la spesa, si può decidere liberamente, a priori, magari con l’aiuto di un libro di cucina, cosa e quanto “mettere” per preparare un determinato piatto. Così la cucina, almeno apparentemente, si ingessa e va inutilmente in cerca della “vera” ricetta di qualsiasi preparazione. Le vere ricette, in realtà, non esistono. Esistono invece, fra diverse varianti, quelle che la “critica”, l’abitudine, il confronto, ha soggettivamente deciso che vengono meglio, che sono le ricette “ufficiali” della cucina tipica e tradizionale . Eppure anche oggi, ognuno di noi, quando cucina, spesso sostituisce un ingrediente con un altro che manca, e magari “scopre” che “ci sta bene”, creando così una nuova variante.
Eterna è la disputa fra la cucina spontanea e la cucina ufficiale, fra le ricette che lasciano spazio alla fantasia e le ricette che rispettano i canoni della tradizione. Ovviamente è disputa senza costrutto: ognuno valuterà se e quanto avventurarsi nell’invenzione; a rischio, se manca il buongusto, di trasformare le ricette tradizionali in delle… porcherie!
I ristoranti degli agriturismi, oltre ad offrire l’occasione di passare una bella giornata fuori porta davanti a una gioiosa tavola imbandita, possono aiutarci ad allargare i nostri orizzonti gastronomici, riavvicinandoci al gusto della cucina tradizionale, della cucina tipica regionale, della cucina contadina, e nello stesso tempo spiegandoci che la tradizione gastronomica non è una soltanto. E’ ben noto, fra l’altro, che il consueto campanilismo che contrappone paesi vicini, si manifesti anche nel modo di preparare diversamente piatti “uguali”.
Forse un paio di regolette dovremmo riscoprire, valide per qualsiasi piatto.
La prima: ritorniamo a rispettare le stagioni; i prodotti fuori stagione sono meno saporiti (oltre che più costosi), e affievoliscono (quando addirittura non cambiano) il gusto di quello che prepariamo. La cucina tipica regionale è anche espressione del “calendario” della campagna.
La seconda: impariamo a scegliere le varietà giuste per realizzare le nostre ricette della cucina tradizionale. L’agriturismo deve impegnarsi a dare priorità alla cucina di stagione e alla scelta degli ingredienti realmente del territorio.
C’è una bella differenza di gusto tra un fagiolo e un altro… fra un olio d’oliva e un altro… tra un formaggio e un altro… Ecco perchè sono importanti le garanzie d’origine: non servono soltanto ad identificare da dove un prodotto viene, ma ne indicano anche le caratteristiche. Si può benissimo preparare la fonduta valdostana con il fontal danese… Ma è la stessa che fatta con la Fontina DOP della Valle d’Aosta?
Come sempre… de gustibus non disputandum est!
Buon appetito!
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